La Coppa di Parma IGP
Tutti conosciamo la coppa anche se forse siamo abituati a chiamarla diversamente. Ad esempio, questo salume è anche conosciuto come capocollo, ma i nomi variano significativamente in base alla regione. In Veneto e Friuli la coppa è conosciuta come ossocollo, in Lazio come lonza o lonzino. Nelle Marche e in Abruzzo addirittura è chiamata scamerita. A Parma, tutti la conoscono come Coppa di Parma IGP.
Poco importa con quale nome decidiamo di chiamarla. La cosa su cui, forse, ci troveremo d’accordo è che si tratta di uno dei migliori salumi italiani. Ma la cosa non deve sorprenderci: la Coppa di Parma IGP ha una storia lunga secoli che racconta di una tradizione iniziata già nel XVII secolo nelle colline emiliane.
Anche all’epoca c’erano forti discordie su come chiamare questo insaccato: era infatti conosciuto sia come ‘salame investito’, sia come ‘biondole‘, come raccontano le testimonianze scritte. Ma intanto la produzione di questo salume andava specializzandosi fra i salumifici emiliani e in particolare fra quelli del parmense. Tanto che già 1700 esistevano dei requisiti fondamentali per essere abilitati alla professione di lardaroli e uno di questi requisiti era proprio la produzione di un certo numero di biondole o coppe, oltre che di salami.
Dai documenti storici sappiamo anche che la prelibatezza di questo prodotto era apprezzata dal Duca Don Ferdinando Borbone, che infatti era solito inserire la Coppa nella spesa destinata alla sua cucina.
Oggi la Coppa di Parma IGP è amata e degustata non solo in Italia, ma anche all’estero dove è riconosciuta come un prodotto gourmet.
Ma come si produce la Coppa?
Va intanto detto che per via delle condizioni climatiche favorevoli, la Coppa di Parma IGP non può che essere prodotta all’interno di un’area molto specifica e limitata.
Per quanto riguarda il processo di lavorazione, la produzione di questo salume non è cambiata significativamente rispetto a quando era lavorato nei salumifici del ‘700. La parte del maiale interessata è il muscolo cervicale superiore del maiale che viene tagliato e privato del grasso, fino ad ottenere una forma a cilindro. Il pezzo viene poi salato, speziato e poi riposto nelle celle frigorifero per 5 giorni. Segue l’insaccatura all’interno di budelli ottenuti dall’intestino cieco di vacca e la legatura tramite spago.
L’ultimo passaggio è la stagionatura del salume che dura almeno 60 giorni. Il risultato è il salume profumato, morbido e dal gusto dolce che tutti amiamo.